Esiste un’industrializzazione della percezione (dalla carta stampata e patinata, alla televisione , al cinema), un “troppo-pieno” di immagini che con le nuove tecnologie del “tempo reale”delle onde elettromagnetiche, hanno dato l’avvento a quella “prossimità mediatica” che annulla ogni distanza e differenza: niente più vicino-lontano, centro-periferia, interno-esterno, niente più altezza, larghezza, profondità, né ieri né domani, solo la velocità assoluta della luce nel “tempo reale”.
Questo processo investe la costituzione intelligibile dell’ apparenza, la nostra capacità innata di distinguere tra il reale e l’ immagine che noi ce ne costruiamo: uno sguardo che non sceglie più dove fermarsi perché ormai può fermarsi dove vuole, dappertutto e da nessuna parte, un linguaggio privo della distanza necessaria per costruire le sue immagini. Di fronte a questo annullamento dello sguardo nel “troppo-pieno” che la velocità delle immagini produce in un tutto indifferenziato, riproporre insieme in una mostra queste fotografie di vita quotidiana e questa pittura figurativa può sembrare anacronistico, archeologia della visione, impossibile ritorno alla primitiva azione dell’ uomo di scimmiottamento della realtà. Ciò che ci ha spinto ad allestire la mostra “Ritratti” del pittore Alessandro Amoroso (con la collaborazione per le fotografie del pittore Giacomo Nuzzo e per le parole del poeta Luca Ferri) era riscoprire la differenza degli sguardi sul “reale” tra”.
Vittorino Balini
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