Mostra “Tra Noi”
“L’ arte in quanto rappresentazione … non è pazzia, non è de-lirio, non esce dal solco, si mostra, sta nel / al gioco” ( “L’ arcipelago” – M. Cacciari); gli autoritratti, i volti degli artisti in mostra sono “simia”, maschere, ma nel rappresentarsi l’ aisthesis di ogni individuo entra in gioco con gli altri artisti e rivela, nel moto circolare di s-velarsi e ri-velarsi, più di quanto ci si aspetti: il confliggere delle forme estetiche è qui esso stesso una manifestazione dell’ impossibile, dell’ “osceno”; buca, per così dire, ogni equilibrio, ogni scrittura ordinata, ogni ricerca estetica per gettarsi spudoratamente in un agone e questo accentuato dal volto e dalla nudità stessa che ogni volto rappresenta.
L’ esser visto, sia pure in quel gioco circolare di cui dicevo è anzitutto abbandono di ogni pre-potenza, è rischio (che ogni esser visto rappresenta).
La pretesa di questo confliggere di identità in mostra ( sia pure in rappresentazione ) è di intraprendere un “gioco”, un viaggio non verso un infinito astrattamente inteso fuori di noi, ma un ritorno a sé, alla verità che ci abita “in interiore”.
Ancora di più quindi rappresentare attraverso noi stessi la crisi, l’ inquietudine, l’ ambiguità che avvolge la nostra identità, il nostro sapere, il nostro fare arte, con la consapevolezza intima di una necessità, di un’ urgenza: uscire dalla torre in cui ci siamo “imbozzolati” che costringe l’ io a contrarsi in un sé-stesso autarchico, in un’ identità semplicemente come “l’ altro nel medesimo” come nella poesia “té” di C. Zavattini in cui alla fine del cammino non incontri altro che: “sempar cul rumpabali ad tè”.
Ricercare un nuovo senso di individuazione che sta nell’ unicità, nell’ irriducibilità dell’ altro, nella sua “differenza” che ci costringe contro ogni in-differenza alla responsabilità, alla preoccupazione a cui ogni volto, ogni sguardo ci chiama.
Ho voluto titolare questo incontro tra diversi artisti “tra noi” come l’ opera omonima di Emmanuel Levinas; mi attraeva l’ ambiguità dell’ espressione in cui è detta “insieme la familiarità che isola, che raccoglie e lo spazio aperto, l’ apertura della scena in cui si presentano altri, i terzi. Siamo tra noi e altri è tra noi” (introduzione a “Tra noi” di E. Baccarini).
E’ un percorso che insieme ad amici e collaboratori abbiamo intrapreso già nelle due precedenti mostre “C’est la vie” e “Ritratti” dove con modalità diverse costantemente ritornano i temi della nostra identità, della nostra storia, dei nostri luoghi, delle nostre “periferie”, del nostro essere anche anacronistici, ma con pretesti diversi parlare tanto di “noi”, cercando più che risposte nuove domande.
Vittorino Balini
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